02/08/24

Una lingua non può dire tutto:
esistono tra le sue parole
spazi bianchi e vuoti, scavati
come feritoie e silenziosi,
ma che il vento attraversa.
È di là che bisogna spiare
l’arrivo dell’ospite,
osservarne il passo e il vestito.
In questa catena di sguardi si compie
la metamorfosi del segno
verso l’estremo cerchio della vista.

Così il corpo non si perde puramente
in una variazione infinita,
ma conserva la sua forma segreta
che non muta e attraversa
identica a se stessa, tutte le proprie età.
E nel confuso accavallarsi del pensiero,
nel doloroso disordine del tempo,
attorno al suo asse si compiono
le stagioni della nostra carne.
Perciò lungo la dolce orbita del giorno
ogni gesto trascorre immemore, lentamente
maturato nel centro scuro dello spirito:
né c’è luce alcuna,
ma buio e silenzioso fermento.

“Hylas e Philonous”,
Valerio Magrelli

(Bogdan Grigore photography)