Che cos’è la notte? – Ci si chiede oggi e sempre.
La notte, una rivelazione non rivelata.
Forse un morto possente e tenace,
forse un corpo perduto nella stessa notte.
In realtà, una profondità, uno spazio inimmaginabile.
Una entità tenebrosa e sottile, forse somigliante
al corpo che ti abita,
e che senza dubbio occulta molte chiavi della notte.
Quando penso al mistero della notte, immagino
il mistero del tuo corpo,
che è solo un modo di essere la notte;
io so davvero che il corpo che ti abita non è altro
che l’oscurità del tuo corpo;
e questa oscurità si diffonde sotto il segno della notte.
Nelle infinite concavità del tuo corpo, esistono
infiniti regni d’oscurità;
ed è qualcosa che chiama alla meditazione.
Questo corpo, chiuso, segreto e proibito,
questo corpo straniero e temibile,
e mai presagito né presentito.
Ed è come un bagliore, o come un’ombra:
solo si lascia sentire da lontano, nel recondito,
e con una solitudine eccessiva, che non ti appartiene.
E solo si lascia sentire con un palpito, con una temperatura,
e con un dolore che non ti appartiene.
Jaime Saenz
“Sorrow” by Jean-Claude Bélégou,
Série Morphologies - “Aurores Nordisches”
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On ne photographie que des corps, des apparences, des matières: même si l'enjeu, à mon sens, et mon effort ont toujours été de faire de la photographie une image mentale, une "cosa mentale" apte à rendre compte poétiquement des sentiments, de la subjectivité, des idées, des sensations, c'est-à-dire de notre seul rapport au monde... Bref tirer la photographie à rebours de ce pourquoi elle a d'abord été inventée, et ce qui demeure son usage dominant: capter la seule apparence extérieure.
Où commence l'âme où finit le corps? Interroge Flaubert à la suite de Spinoza. Ce n'est en tous les cas qu'en tentant de cerner au plus près les corps, la peau, la chair, que l'on peut imaginer approcher les âmes.
(Jean-Claude Bélégou)