31/10/22

Sei stata tu, forse il nostro disordine,
forse le dita libere,
il loro movimento ansioso che interroga,
che chiede alle mani
e percorre le linee
dell’ultimo desiderio quando ti svegli,
o forse sono stato io,
con la lingua sull'orlo della notte.
[…]
Il resto della carne si incatena
alle abili gambe e alle braccia,
per affondare nel mondo e possedere
come un’oscura bocca
che lo ingoia tutto, e ci trascina.
Se qualche volta ti cerco o sei tu
a cercare me, ci incontriamo.
Nessuno domina
da un’elevazione che minaccia le vertigini.

Juan Carlos Abril

(Jamie Fraser photography)

29/10/22

E cos’è la vita se non un cabaret
dove lacrime e risa sono un’unica onda?
Ma io accetto un solo potere:
il potere dell’arte sulla spazzatura,
il trionfo della magia sulla brutalità.

Vladimir Nabokov

(Ilya Rashap photography)

28/10/22

Anna Galiena,
protagonista del film “Senso '45”

(Fotografo Gianfranco Salis)

Gli amanti

Sono grandi, avventurosi, come fatti di luna nel
mezzo della notte.
Ardono come legno.
Distillano un'acqua fresca e
deliziosa, come la linfa dei grandi alberi.
Non sembrano venire dalle rocce terrestri:
li immaginiamo germogliati dalle caverne
più selvagge e profonde.
O saliti forse da un fosso oceanico
dove hanno appreso dalle sirene l'arte dell'abbraccio
fino ad avere braccia trasformate in serpenti.
Se non avessero nomi come i nostri,
non li crederemmo umani.
Li penseremmo abitanti
di stelle sconosciute, di pianeti di frumento.
Nell'ombra si confondono, a volte, con gli dèi.
Scivolano e si spaventano come animali,
assomigliando oltremodo agli dèi.
Non osano la parola: usano il gemito e il sussurro.
Le parole più corte della terra e,
ciò nonostante,
più parole.

Jorge Debravo

26/10/22

In questa notte assetata mi sono chiesto
chi sei e chi sei.
Perchè è triste la tua carne come un legno esaurito
e perchè hai colma la bocca di spilli.
E lentamente, questa notte ti ho separata
come un albero d'amore dal resto delle donne
e facendo del mio sangue un'acqua ho battezzato
con essa le tue angustie e i tuoi piaceri.

Jorge Debravo

(Dmitry Chapala photography)

25/10/22

Nessuno può immaginare
Quel che dico quando me ne sto in silenzio
Chi vedo quando chiudo gli occhi
Come vengo sospinta quando vengo sospinta
Cosa cerco quando lascio libere le mie mani.
Nessuno, nessuno sa.
Quando ho fame quando parto
Quando cammino e quando mi perdo.
Nessuno sa che per me andare è ritornare
E ritornare è indietreggiare
Che la mia debolezza è una maschera
E la mia forza è una maschera
E quel che seguirà è una tempesta.
Credono di sapere.
Ed io glielo lascio credere.

Joumana Haddad

23/10/22

In tante e tante camere ho dormito
senza averti al mio fianco
e tante son le case
nelle quali ho abitato, senza di te.
Tante son le città in cui non ti ho incontrato.
Tante sono le cose che ho esaurito
o smarrito per via verso di te,
e tante possibilità ho sprecato,
tante vite che la tua presenza qui e ora
mi fa sentire perdute.

Henrik Nordbrandt

22/10/22

Ti ricordi il nostro incontro...
Quella sera io non ho conosciuto te
Ho conosciuto la tua dolcezza
La tua timidezza
La tua solitudine
Il tuo silenzio.
Pensavo di avere solo il mio corpo da darti
E che tu volessi solo quello
Ma tu volevi molto di più...
Volevi essere libero.
E volevi che anch'io fossi libera.
Libera tua.
[…]
E piano piano non so perchè cominciai a spogliarmi tutta
Per te.
Lentamente cadevano le mie idee stupide
Le mie paure
Le mie diffidenze
E insieme al mio corpo tu abbracciavi la mia volontà
Le mie emozioni
La mia anima.
E per la prima volta
Ho abbassato gli occhi e sono arrossita davanti ad un uomo.

Poi soli noi, timidi noi, liberi noi
Fuori di noi, dentro di me, amanti noi.
Poi pazzi di noi, assurdi noi
Noi senza corpo, peccatori noi
Schiavi di noi, angeli noi.

“Incontro”,
Patty Pravo

(Nazar Elcansky photography)

20/10/22

Ogni volta che si sorprendeva a non pensare a Lei - anche se, naturalmente, scoprire che non lo stava facendo era un modo per farlo - all'istante e irreversibilmente provava il desiderio di scriverle per dirle che ne era uscito, ma così dimostrava soltanto di non averlo fatto; come in ogni relazione amorosa, comprese quelle ormai finite, ogni dimostrazione di forza era, allo stesso tempo, il riconoscimento di una debolezza intrinseca.

“Domani avremo altri nomi”,
Patricio Pron

19/10/22

Se riuscissimo ad educare gli occhi e la mente alle evanescenze quanto alle permanenze, potremmo percepire che esistono ancora infinite possibilità per desiderare.

Ima GI

18/10/22

Io accarezzo il silenzio.
Il silenzio –
che mi spedisci –
tu.
La prontezza
della tua assenza
la assaporo –
la mancanza –
qui
nel pieno del petto
vuoto,
la sorseggio
come un vino difficile,
te la dono
come una mano grande
aperta
sotto la pioggia.

Chandra Livia Candiani,
“La bambina pugile ovvero la precisione dell'amore”

(Dante Lionetti photography)

15/10/22

Si trascorre una vita intera preparandosi a qualcosa. Prima ci si sente offesi e si vuole vendetta. Poi si attende. Da molto tempo, ormai, attendeva. Non sapeva più a che punto il risentimento e la sete di vendetta si fossero trasformati in attesa. Nel corso del tempo tutto si conserva, però si scolorisce come quelle fotografie di un passato ormai lontano che venivano fissate su una lastra di metallo. Bisogna rigirare l'immagine perché la luce cada da una certa angolazione, per poter individuare, su quella superficie confusa, la persona i cui lineamenti erano riflessi un tempo dal suo specchio. Così sbiadiscono nel corso degli anni tutti i ricordi umani...

“Le braci”,
Sàndor Màrai

13/10/22

Cade la notte nuda
davanti al supplizio inerte del corpo,
e resta, appena, la gloria del sonno.
Sonnambula, la carne baciata degli istanti
si trascina nella memoria
per proiettare, nel testo,
tutte le possibilità impossibili
e l’enfasi esistenziale di uno
nel cuore dell’altro,
ignaro dell’accaduto, conoscitore, adesso
del mondo che ci lascia
chi ha baciato la parola
per volgere, umano, l’eterno.

Beatriz Morales Fernández

(Omar Coria photography)
Per sentirsi veramente viva aveva bisogno di qualcosa simile a una poesia. Una poesia squisitamente erotica. Un concetto il più vicino possibile a una sensazione carnale. Non, come accade agli uomini, un’idea che si trasforma in sensazione carnale, bensì una sensazione carnale che si trasforma in idea, che prende a rifulgere come un gioiello di carne.

“Una virtù vacillante”,
Mishima Yukio

(Radoslaw Pujan photography)

11/10/22

Come l’eccitazione artistica ha la sua radice in processi della fantasia che coinvolgono l’intero essere dell’artista, così accade anche per l’eccitazione erotica nella vita sessuale. Come il processo artistico non può avere il suo centro fertile che nella fantasia, per quanto voglia accogliere in sé, per quanto voglia abbracciare il mondo intero, così anche il processo erotico non può uscire dall’ambito sessuale, per quante forze spirituali possa coinvolgere o per quanto lontano possa estendere i suoi effetti. Gli si fa torto se lo si vuole relegare a un ruolo puramente fisico, limitato e rozzo, e non riconoscergli tutto il resto, attribuendolo ad altre forze sentimentali: ma gli si fa non meno torto cercando di falsare la sua natura sessuale dandole una veste morale o estetica. L’erotismo è tutto quello che è proprio in virtù della forza elementare con la quale supera ogni apparente divisione ed estraneità tra le espressioni fisiche e spirituali del nostro essere, sapendo mettere l’accento sul momento fisico in ambito spirituale e viceversa. Il suo mondo fisico racchiude già in sé tutto il resto, compreso il tumulto spirituale, come da una nuvola gravida di tempesta, con la scossa elettrica, si scatenano intorno a noi indifferentemente fulmini, tuoni e scrosci di pioggia. Nello stato fisico dell’ebbrezza amorosa varrebbe la pena, e sarebbe possibile, rintracciare tutto il gioco del nostro spirito che vibra in esso, così come, viceversa, ricercare nelle esaltazioni più elevate dello spirito l’ardore dei sensi eccitati.

Lou Andreas-Salomé,
“Devota e infedele”

(“Body Electric” by A.M Clark)

10/10/22

Credevo che nulla potesse intristirti in quel groviglio di carezze che ci trasformava in matasse bianche e nere, lenta danza nella quale l’uno pesava sull’altro per lasciarsi poi invadere dalla leggera pressione delle cosce, di quelle braccia che roteavano pigre e si slegavano fino a tornare intrico, per ripetere la caduta dall’alto o nel profondo, fantino o puledro o gazzella, ippogrifi sfrontati, delfini a metà di un salto. Capii allora che la pena nella tua bocca era un altro nome del pudore e la vergogna e che non ti consegnavi a quella sete che tanto avevi saputo saziare, che mi rifiutavi supplicando con quel tuo modo di nascondere gli occhi, di appoggiare il mento nella gola per non offrirmi altro che il nero nascondiglio dei capelli […]. Girata di schiena mi guardavi con occhi e seni, con labbra che disegnavano un fiore dai petali indolenti. Ho dovuto piegarti le braccia, mormorare un ultimo desiderio nello scorrere delle mie mani sulle più dolci colline, sentendo come poco a poco cedevi e ti mettevi di lato fino a rendermi il setoso muro della tua schiena, laddove spuntava una minuta scapola con qualcosa di ala d’angelo infangato. 
Col profumo del tabacco biondo nelle dita sale un’altra volta la balbuzie, il tremore di quell’oscuro incontro, so che una bocca cercò l’occulta bocca palpitante, il labbro solitario, cinto alla sua paura, l’ardente contorno rosa bronzeo che ti liberava al mio viaggio apicale. E come succede di solito, non sentii in quel delirio quel che ora mi porta il ricordo in un vago sentore di tabacco, ma quella muschiata fragranza, quella cannella d’ombra fece la sua strada a partire dell’oblio necessario e istantaneo, indicibile gioco della carne nascosta alla coscienza che muove le più dense, implacabili macchine del fuoco. Non eri né odore né sapore, il tuo più nascosto paese si offriva in forma e in contatto, e soltanto oggi queste dita macchiate di tabacco mi ridanno l‘istante in cui mi drizzai su di te per lentamente reclamare le chiavi del passaggio, per forzare quel dolce tratto dove la tua pena tesseva le ultime difese, ora che con la bocca affondata nel cuscino singhiozzavi una supplica di oscura acquiescenza, di rovesciati capelli.

Julio Cortàzar

(Petter Hegre photography)

09/10/22

Dietro a una grande donna c’è un’ombra di passato. A mezzogiorno, quando il sole è più alto, scompare. C’è l’adolescenza con tutto il repertorio di inadeguatezza, di pieni e di vuoti. L’adolescenza da grande te la ricordi come un luna park chiassoso, ma quando ci passi attraverso vedi solo gli specchi deformanti: troppo grassa, troppo corta, troppo lunga, troppo piatta, troppo spessa. C’è pure il calcinculo con quello che ti prende e ti lancia, ti fa volare, ma è un circolo vizioso. E la casa degli orrori, così simile a casa, così familiare. Il cibo non nutre e anche il divertimento fa paura.
Dietro a una grande donna ci sono gli ex, ex fidanzati, gli ex amici, gli ex lavori. “ex” ha quella x che è sembra una croce dove una volta c’era un tesoro. Ma “ex” in latino vuol dire anche “da”, come “uscire da”, “venire da” e a pensarci bene, gli ex sono anche radici, da lì si viene, da lì si riparte.
Dietro a una grande donna ci sono inverni infiniti. Gli anni si contano in primavere, ma la maturità si misura in inverni. E si impara dagli alberi, che sono matti gli alberi a spogliarsi quando fa freddo, e invece no, abbandonano il superfluo, si fanno oggetti e aspettano. E si impara dai ricci che si chiudono e le spine vanno fuori, non dentro. Si impara che la letargia non è l’allergia all’inverno, si impara il letargo, come pausa piena di vita e di malinconia.

Enrica Tesio

07/10/22

Sei
l’attimo più lucido
del giorno
più bello e atteso
quando ti ho nel cuore
e nel mio sguardo.

Il momento
che la mia vita
in piena
va, come un fiume
nel suo mare
per trovare tutti gli abissi dell’acqua.

Ogni giorno
ti perdo
e ti ritrovo
così, per gioco,
e tutto è sospeso
nel ritmo del tuo passo.

Omar Sakhri

06/10/22

Sento il tuo disordine
e lo comparo al mio.
C’è somiglianza.
C’è lo stesso slabbro di ferite identiche.
C’è tutta la voglia di un passo largo
in una terra sgombra che non troviamo.
Sento il tuo respiro schiacciato
lo sento somigliante
ti sento piano morire
come me che non controllo
l’accensione del sangue.
Anch’io cerco una libertà che mi
sbandieri, una falcata
perfetta, uno stacco d’uccello
dal suo ramo, quando si butta
improvviso e poi plana.

Mariangela Gualtieri

(“Early bird” by Kirill Munyabin)

05/10/22

Non puoi neppure immaginare quanto profondamente si imprima in me tutto quello che dici. Le tue parole stesse sono come maestosi, quieti spazi nei quali edifichi ed innalzi qualcosa. Come potrò mai liberarmi dal ritmo misurato della malinconia che incede, sul quale hai costruito la tua visita, il tuo testamento? Volevo poi dirti che possiedo un orecchio interiore, una sorta di profonda attenzione, primigeniamente, eternamente all’erta, con la quale sono restato ad attendere tutta la vita, con la quale ho aperto centinaia di lettere e altrettanti incontri come fossero lettere. Voglio dire che mi sono venute incontro molte cose grandi, rare, pure e forse anche tali da arricchirmi e da ispirarmi. Ma appunto “incontro”. In questo caso, invece, si tratta di un tranquillamente maestoso “accanto”, tu sei in qualche modo parte di quella stessa entità che fa sbandare di qua e di là tutto il mio destino.

“Le barriere dell’anima”,
Boris Pasternak

03/10/22

Quando mi guardi
i miei occhi sono chiavi,
il muro ha segreti,
il mio timore parole, poesie.
Solo tu fai della mia memoria
una viaggiatrice affascinata,
un fuoco incessante.

Alejandra Pizarnik,
da “La figlia dell’insonnia”

02/10/22

Mi creerò il mio spazio, io,
uno spazietto strano e striminzito,
ma sufficiente e con vista,
per starci dentro felice.

Sylvia Plath,
“Diari”

(Everett Egripos photography)