31/07/21

Io vivo d’indugio.
Abito lo spazio che desidero.
Nessuna domanda perché non sono attese risposte, non servono.
Serve stare qui, essere madri di silenzio.
Nell’incanto, la fermezza. Nella fermezza, la percorrenza.
Nella stanza il mio cuore riposa, la mente si eleva, i pensieri aleggiano.
Magnifiche ossessioni si celebrano.

Ima GI

29/07/21

Spezzavo il tuo corpo come una canna da zucchero
in ogni nodo, in ogni sua giuntura
suggendo dalle fessure il succo.
E tu emergevi sempre più intatta
mi coprivi col fruscio delle tue fronde
con la rugiada salmastra della tua notte marina
e mi conducevi lungo tutto il percorso
dall’animale all’uomo.

Titos Patrikios

(Damiano Errico photography)

27/07/21

Non sarà dunque questo nostro corpo indizio, ammonimento, segno, forse una lettera compilata da dèi; non saremo noi messaggi semoventi, telegrammi evacuanti, epistole adipose, sanguinanti sermoni... eliografi notturni? E che sarà questo nostro esser scritti, se non una ingegnosa forma di edizione di un vivo e vivace commento? (...) E dunque questo solo ci sarà consentito: gesti generici, larghi moti di mani e braccia, come a dire: qui sto io.

Giorgio Manganelli,
da “Nuovo commento”

(Frédéric Fontenoy photography)

25/07/21

Lei si spoglia nel paradiso
della sua memoria.
Lei non conosce il destino feroce
delle sue visioni.
Lei ha paura di non sapere nominare
ciò che non esiste.

Alejandra Pizarnik

(Monia Merlo photography)

23/07/21

Accettare il senso d’incompiuto in noi
renderlo trascurabile, come una scusa detta
a fin di bene, aggiustarne il limite
definitivamente – saturare la crepa. Tacerne.
E vivere appieno il mistero di certi istanti minimi,
la loro instabile sapienza.
Ignorare ciò che non sarà.
Che non potrà essere
per mia, per tua costituzione.

Annalisa Rodeghiero

(Monia Merlo photography)

21/07/21

Che bocca deve rosicare il tempo?
Quale viso deve arrivare dopo il mio?
Quante volte il tulle del mio fiato deve riposare
sulla fremente bianchezza della tua schiena?

Attraverseremo insieme le grandi spirali
l’arteria del silenzio stesa,
il vuoto scalino del tempo?

Quante volte dirai: vita, venere, magma, marina
e quante volte ti dirò: sei mio.
E i pomeriggi stesi, le larghe lune, le notti agoniche senza poterti toccare.
Quante volte, amore
un nuovo versante dovrà nascere in te.
E quante volte in me dovrà morire.

Hilda Hilst

19/07/21

In plaghe remote mi volgo alla sacra, ineffabile, arcana notte. Lontano giace il mondo – sepolto nel baratro di una tomba – squallida e solitaria la sua dimora. Nelle corde del petto spira profonda malinconia: in gocce di rugiada voglio inabissarmi e mescolarmi alla cenere.

Novalis,
“Inni alla notte”

(Damiano Errico photography)

18/07/21

L'aria acerba della domenica mattina
(...)
Resta lì
Non muoverti
Sorridi un po'
Adesso voltati
Fai così
 Appoggiati
Non dire no
Amore guarda qui...

13/07/21

Avrei voluto infilarti in uno schema,
cucirti di parole, renderti bello
per opera mia. Sentirmi intelligente
nel definirti. Mi sarebbe piaciuto
rendermi indipendente dal tuo nome
oltre il pronunciamento.
Sigillarti in un concetto, un pensiero aperto
che sembrasse dialogante.
La vita - a pensarci - non ha nulla di notevole:
me la coltivo, come un piccolo orto discreto.
- Illuminazioni nel dire lo renderanno -
mi ripetevo - unico.
Ma il tuo nome ritorna in altri nomi
quando meno ti aspetto. Darti voce
è incrociarti nelle cose. Evocarti
è il tuo sangue che ancora circola in me.

Hilde Kuhn

10/07/21

E ancora te ne vai e ancora resto
ad aspettare l'eco che si frange
contro il vortice duro del mio tempo,
tra isole di voci e di silenzi
che la memoria ha eroso e congelato.

Ma tu uguale permani. E non è certo
la voglia di un gioco nuovo che imbrigli
la noia o l'illusione di colmare
lo scarto tra la fiamma che riluce
e l'ombra che ogni essere dissolve.

Ciò che mi spinge a te è nostalgia
forse o febbre o spasimo o cieca voglia
di ritorno, quando eravamo avvinti
come gemma al suo ramo o come polpa
alla scorza che stretta la contiene.

Per risalire al punto ove l'algente
spada di un dèmone recise il nodo.
Dopo lo strazio, la stagione oscura
ci avvolse greve, trascinando via
le fronde e i fiori, i rami e la poesia.

Vittoria Grimaldi,
da “Gli specchi di Dioniso”

06/07/21

Entro nel letto e non mi sembra vero che sei qui per me, e andiamo a fare una passeggiata qui dentro questa notte, qui dentro questo letto, qui in queste città profumate di vino, vieni qui, vieni più vicino (...). Ti racconto senza parlare tutti i posti dove sono stato, ti canto la mia storia mentre penetro i tuoi fianchi. Ballando tutti e due stiamo viaggiando, attraverso l'Europa, dentro i tuoi fianchi, ci sono tamburi e cani che abbaiano e stregoni che alzano i loro bastoni, ed è musica che non finisce, è un assolo che corre, finché il corpo intero non fa male, ma resiste, continua ancora, perché il ritmo è cominciato, perché strappiamo un coriandolo di bellezza divina, perché se c'è un dio, è qui, è in questi attimi che non potranno durare, se c'è un dio, è in questi attimi che proseguono oltre ogni limite, se c'è un dio, è nella gloria del corpo e dell'anima, se c'è un dio, è qui nel tuo sorriso che si dischiude.

“Amore a ore”,
Giovanni Bogani

Si desidera senza saperlo ed egli stesso – colui che ama – si ama,
e mentre brama, si brama e insieme accende e brucia di passione.
Quante volte ha già mandato inutili baci alla fonte che lo inganna,
quante volte le braccia, mentre cercano di cingere il collo che vede,
in mezzo alle acque ha già immerso, senza afferrarsi lì dentro!
Non sa che cosa vede, ma è preso da quella figura
e la stessa illusione che lo inganna eccita i suoi occhi.
Ingenuo, perché prendi invano immagini fugaci?
Ciò che vuoi non è in alcun luogo; ciò che ami lo perdi a voltarti.
Questa, che vedi qui, è un’ombra dell’immagine:
questa non ha vita propria; viene e resta con te
e con te se ne va, se tu potessi andar via.

Ovidio,
Metamorfosi III, vv. 413-436

(Ruslan Lobanov photography)

03/07/21

Lui sussurrava, con una cicca spenta tra le labbra:

- Ascolta anche questo. Al chiar di luna
le statue a volte si piegano come canne
tra frutti vivi
e la fiamma diventa un oleandro fresco,
la fiamma che brucia l’uomo, voglio dire.

- È la luce... ombre della notte...

- Forse la notte che si è aperta, melagrana azzurra,
grembo oscuro, riempiendoti di stelle,
spezzando il tempo.   
Tuttavia le statue
si piegano a volte dividendo in due
il desiderio, come una pèsca; e la fiamma
diventa bacio sulle membra e singulto,
poi foglia fresca in balìa del vento;
si piegano, diventano leggere con un peso umano.
Non te lo scordi.

- Le statue stanno nel museo.

- No, ti dànno la caccia, non lo vedi proprio?
Con le membra spezzate, intendo,
con il loro aspetto d'altri tempi, che non hai conosciuto
e tuttavia conosci.
Come quando,
al declino della giovinezza, ami
una donna rimasta bella, e temi,
mentre la tieni nuda nel meriggio,
temi il ricordo destato nel tuo amplesso;
temi che il bacio ti tradisca
su altri letti del passato
che potrebbero facilmente riempirsi di fantasmi,
così facilmente, e riportare in vita
simulacri nello specchio, corpi che un tempo furono;
la loro voluttà.

Giòrgos Sefèris

(Frédéric Fontenoy photography)

01/07/21

La tristezza lunga della mattina
E come gridarti amore che tu eri
Più del caldo più del letto più
Dei capelli delle mani più
Più del pianto di un sorriso più
Più di cento più di mille più
Più dei soldi più dell'oro più
Della piazza delle giostre più
Più di un mese più di un anno più
Un po' di più...

“Un po' di più”,
Claudio Baglioni