05/04/24

C’è un paesaggio interiore, una geografia dell’anima: ne cerchiamo gli elementi per tutta la vita. Chi è fortunato da incontrarlo, scivola come l’acqua sopra a un sasso, fino ai suoi fluidi contorni, ed è a casa. Alcuni lo trovano nel luogo di nascita, altri possono andarsene, bruciati, da una città di mare, e scoprirsi ristorati nel deserto. Ci sono quelli nati in campagne collinose che si sentono veramente a loro agio solo nell’intensa e indaffarata solitudine della città. Per qualcuno è la ricerca dell’impronta di un altro, un figlio o una madre, un nonno o un fratello, un innamorato, un marito, una moglie o un nemico. Possiamo vivere la nostra vita nella gioia o nell’infelicità, baciati dal successo o insoddisfatti, amati o no, senza mai sentirci raggelare dalla sorpresa di un riconoscimento, senza patire mai lo strazio del ferro rovente ritorto che si sfila dalla nostra anima, e trovare finalmente il nostro posto.
Una strana calma mi invase. Mandai un sospiro, profondo, come se a un tratto avessi cambiato pelle […]. Era l’esperienza di una frazione di secondo che cambia tutto, lo scontro automobilistico, la lettera che non dovevamo aprire, il nodulo nel petto o nell’inguine, il lampo accecante. Sul mio ordinato palcoscenico le luci erano accese, e forse finalmente io aspettavo tra le quinte.

“Il danno”,
Josephine Hart